In vista del suo insediamento, il 20 gennaio, il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump ha presentato idee espansionistiche audaci che ricordano il passato interventista dell'America.
Le sue recenti dichiarazioni includono la richiesta che il Canada diventi il 51° Stato degli Stati Uniti, la richiesta che Panama lasci il controllo del suo canale vitale e la proposta di cedere il territorio danese della Groenlandia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti.
“La gente non sa nemmeno se la Danimarca abbia un diritto legale qui, tuttavia se ce l'ha, dovrebbe lasciarla libera”, ha commentato Trump in una conferenza stampa a Mar-a-Lago.
Le audaci dichiarazioni di Trump sui territori sovrani possono aver riacceso il dibattito globale, però la storia degli interventi statunitensi nelle Americhe racconta una storia familiare.
Dal sequestro a metà del XIX secolo dei territori settentrionali del Messico - tra cui la California - a decenni di interventi militari in America centrale, Washington ha ripetutamente imposto la propria influenza.
Per i Democratici, queste dichiarazioni sono spaventose. Tuttavia, esse rivelano anche la lunga e controversa storia delle occupazioni statunitensi in tutte le Americhe, dei territori sequestrati in nome del “Manifest Destiny” e della “Dottrina Monroe”, dei governi rovesciati e dei regimi installati.
Azioni mascherate da ideologia
Al di là dei suoi confini, gli Stati Uniti hanno svolto un ruolo fondamentale nel rovesciare i regimi antiamericani in tutto il Sud America, plasmando il paesaggio politico di Argentina, Brasile, Cile e Bolivia, lasciando spesso in eredità disordini.
Gli Stati Uniti sono intervenuti militarmente in almeno sei Paesi delle Americhe.
Messico
Nel 1846, gli Stati Uniti intrapresero una guerra contro il Messico, un conflitto che culminò nel Trattato di Guadalupe Hidalgo del 1848, costringendo il Messico a cedere oltre la metà del suo territorio, tra cui le attuali California, Nevada e Arizona.
Il trattato consolidò anche il controllo degli Stati Uniti sul Texas, annesso solo tre anni prima. Se da un lato la guerra ampliò i confini americani, dall'altro lasciò un'amara eredità, anche tra i suoi partecipanti.
Ulysses S. Grant, che in seguito divenne presidente degli Stati Uniti, la condannò come “una delle più ingiuste mai combattute da una nazione più forte contro una più debole”, un sentimento che getta ancora un'ombra su questo capitolo della storia americana.
Cuba
Le turbolente relazioni di Cuba con gli Stati Uniti comprendono due periodi di occupazione dopo la guerra ispano-americana del 1898, quando la Spagna cedette il controllo dell'isola a Washington.
Cuba ha affrontato due occupazioni statunitensi: la prima in seguito alla guerra ispano-americana del 1898 e la seconda nel 1906, con il pretesto di stabilizzare l'isola.
La prima occupazione (1898-1902) si concluse con il riconoscimento dell'indipendenza cubana da parte degli Stati Uniti, un capitolo che alcuni storici inquadrano come un primo prototipo di “nation-building” a guida americana.
La seconda, iniziata nel 1906, fu innescata dall'instabilità politica in seguito al crollo di un governo sostenuto dagli Stati Uniti. Questa occupazione si concluse nel 1909 con l'elezione di un presidente filoamericano, José Miguel Gómez.
Questi interventi, pur mirando a stabilizzare Cuba, sottolinearono la vulnerabilità dell'isola all'influenza statunitense, una dinamica che avrebbe plasmato la sua storia moderna.
Nicaragua
Il Nicaragua, il Paese più grande dell'America centrale in termini di popolazione, divenne un punto focale dell'intervento degli Stati Uniti durante le cosiddette guerre delle banane dell'inizio del XX secolo.
Sebbene il Nicaragua avesse ottenuto l'indipendenza nel 1838, il suo paesaggio politico instabile, definito da scontri tra liberali e conservatori, creò un'apertura per l'influenza americana.
Nel 1912, rispondendo a un appello dei leader conservatori, le truppe statunitensi invasero il Nicaragua, stabilendo una presenza militare che durò fino al 1933.
Per due decenni, Washington esercitò un potere enorme sulla vita politica ed economica del Nicaragua, sottolineando il suo ruolo di attore chiave nella turbolenta storia degli interventi nella regione.
Haiti
La storia di Haiti con l'intervento degli Stati Uniti riecheggia le sue attuali lotte con l'instabilità.
Dal 1915 al 1934, la nazione insulare ha sopportato quasi due decenni di occupazione americana con il pretesto di affrontare le turbolenze socio-economiche.
In realtà, l'intervento salvaguardava gli interessi commerciali statunitensi, tra cui la Compagnia americana dello zucchero di Haiti (HASCO) e una banca centrale gestita da New York.
L'occupazione ha lasciato un'impronta profonda su Haiti, rimodellando il suo panorama politico e alimentando il risentimento per il controllo straniero - una dinamica che continua a riverberarsi mentre la nazione è alle prese con crisi di governance e di sicurezza.
Repubblica Dominicana
Allo stesso modo, la Repubblica Dominicana dovette affrontare l'intervento degli Stati Uniti dopo che un colpo di Stato del 1916 aveva evidenziato la vulnerabilità degli interessi economici occidentali. Il Paese, appesantito dal debito e dalle lotte politiche, divenne un'altra base per il controllo americano nei Caraibi.
L'occupazione statunitense, durata fino al 1924, mirava a stabilizzare la regione e a garantire l'accesso a una delle più grandi miniere d'oro dell'America Latina. La miniera d'oro del Paese è attualmente gestita dalle compagnie la canadese Barrick Gold (60% di proprietà) e la statunitense Newmont (40% di proprietà).
Panama
Panama, che dichiarò la propria indipendenza dalla Colombia nel 1903 con il sostegno degli Stati Uniti, divenne la sede del Canale di Panama, un'arteria vitale per il commercio globale costruita e controllata da Washington fino alla fine del XX secolo.
Il Canale di Panama, costruito principalmente dagli Stati Uniti tra il 1903 e il 1914, è stato di proprietà e gestito da Washington fino al 1977. Fino al 1999, Panama e gli Stati Uniti controllavano congiuntamente lo stretto strategico.
Nel 1989, gli Stati Uniti, sotto la guida del presidente George H. W. Bush, lanciarono un'invasione per deporre Manuel Noriega, un tempo alleato della CIA trasformatosi in sfidante governante militare.
Noriega fu deposto da un'operazione militare statunitense, che sciolse le forze armate del Paese. L'occupazione statunitense terminò all'inizio del 1990, dopo il giuramento di un presidente filoamericano.
Le aperture retoriche di Trump verso il Canada, la Groenlandia e il Canale di Panama possono sembrare un teatrino roboante, ma sottolineano una verità più profonda: gli Stati Uniti hanno a lungo sfruttato la loro potenza militare e politica per espandere la loro influenza nelle Americhe.