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Gli accordi di OpenAI con le aziende del settore dei media condurranno su una strada sbagliata?
Se da un lato alcune organizzazioni, come il New York Times, hanno fatto causa a OpenAI per aver utilizzato i suoi articoli per addestrare le chatbot, dall'altro altre, come Axel e News Corp hanno firmato accordi con la società di IA
Gli accordi di OpenAI con le aziende del settore dei media condurranno su una strada sbagliata?
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20 febbraio 2025

Le organizzazioni di stampa e le emittenti si trovano di fronte a una scelta difficile: collaborare con le aziende di IA o rischiare che i loro contenuti vengano acquisiti dalle aziende di IA attraverso altri modi.

News Corp, la multinazionale dei media della famiglia Murdoch, è la più recente azienda ad aver stretto un accordo con OpenAI, consentendole di mostrare i suoi contenuti di notizie in risposta alle domande che gli utenti pongono su ChatGPT.

L'accordo significa che i creatori di ChatGPT e di altri strumenti di intelligenza artificiale, come Sora, un modello di IA in grado di creare video realistici e creativi con istruzioni testuali, di accedere a contenuti aggiornati e archiviati delle principali pubblicazioni di News Corp.

Cosa potrebbe comportare per il futuro delle notizie la condivisione del giornalismo con le aziende di IA e i giganti tecnologici?

Il professore di comunicazione e cultura digitale presso l'Università di Sydney e Laureate Fellow del Consiglio australiano della ricerca (ARC), Terry Flew, commentando l'ultima partnership di OpenAI con un altro importante attore del mondo dei media, ha spiegato a TRT World:

“Certamente questo accordo consente a News Corp di generare flussi di entrate utilizzando i suoi contenuti per addestrare i modelli di IA, però l'importo che OpenAI sta pagando nell'ambito di questo accordo non è elevato rispetto al valore dei dati. Per OpenAI e altre aziende del settore, come Google, questo evidenzia il problema di procurarsi legalmente dati credibili e la necessità di un modello di business più maturo”.

Entrambe le società coinvolte non hanno rivelato i dettagli finanziari dell'ultimo accordo di OpenAI, ma secondo il Wall Street Journal, che è di proprietà di News Corp, l'accordo potrebbe potenzialmente superare i 250 milioni di dollari in un periodo di cinque anni e comprende un compenso in denaro e crediti per l'utilizzo della tecnologia AI.

News Corp possiede anche MarketWatch e New York Post negli Stati Uniti, The Daily Telegraph, news.com.au e The Australian in Australia, e The Sun, The Sunday Times e The Times nel Regno Unito.

L'accordo pluriennale annunciato la scorsa settimana segue l'accordo stipulato il 29 aprile dall'azienda di AI con il Financial Times di Londra per la concessione in licenza di contenuti per lo sviluppo dell'apprendimento dell'AI. Anche altri editori, come la società madre di Politico, Axel Springer, The Associated Press, Prisa Media in Spagna e Le Monde in Francia, hanno concluso accordi simili.

“Le notizie sono oro puro per un'azienda di IA”, spiega a TRT World Jonathan Soma, professore di data journalism presso la Scuola di giornalismo dell'Università di Columbia. “Viene scritta da esseri umani, è più recente del livello di conoscenza delle loro chatbot ed è ciò che molti dei loro utenti vogliono sapere. Se le organizzazioni giornalistiche hanno intenzione di vendere i diritti di una sostanza così preziosa, dovrebbero fissare prezzi altissimi”.

Soma non pensa che l'IA sostituirà il giornalismo, piuttosto afferma che sarà un parassita agganciato al lato del giornalismo.

“Senza i giornalisti, i chatbot di attualità non avrebbero nulla da scrivere, nulla da pubblicare, nessuna risposta da dare”, propone Soma.

“La questione è se queste partnership possono fornire alle organizzazioni giornalistiche entrate in linea con la quantità di sforzi richiesti per produrre il giornalismo originale. Dubito che News Corp e altre organizzazioni giornalistiche sappiano quanto siano preziosi i loro contenuti, e dubito che OpenAI voglia pagare quanto valgono effettivamente i contenuti”.

Diverse aziende, come New York Times e Chicago Tribune, hanno scelto la strada opposta e hanno fatto causa a OpenAI e Microsoft per aver utilizzato i loro articoli per addestrare IA.

Strumenti di IA come ChatGPT, Copilot di Microsotf e Gemini di Google, utilizzano modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) che analizzano enormi quantità di testo su Internet per prevedere la parola successiva in una frase, consentendo loro la capacità di imitare il parlato e la scrittura umana.

Marius Dragomir, direttore del Centro di ricerca sui media e il giornalismo, un think tank indipendente che si occupa di ricerca e politica sui media, sottolinea l'importanza della regolamentazione per gli editori che collaborano con le aziende di IA. Se da un lato queste collaborazioni possono portare vantaggi commerciali, dall'altro non tutti i contenuti soddisfano elevati standard di qualità e accuratezza.

Dragomir spiega a TRT World che è fondamentale riconoscere che l'industria dei media è caratterizzata da notevoli disuguaglianze, che potrebbero portare a una copertura ulteriormente distorta a causa di alcuni mercati dei media che servono gli interessi dei loro proprietari. “Alcuni sono fortemente concentrati sul potere, mentre altri sono controllati dalla propaganda e dalla disinformazione, spesso propagata da media finanziati dal governo”, aggiunge Dragomir.

“Nel caso di News Corp, alcuni dei suoi media sono noti per i loro contenuti da tabloid, non sempre accurati e di basso livello, per cui sorge spontanea la domanda “Questi contenuti sono adatti a essere presentati come le risposte ' corrette' a qualsiasi domanda la gente possa porre all'IA?”, osserva Dragomir.

Soma, professore presso la Scuola di Giornalismo dell'Università di Columbia, sostiene che le chatbot tendono anche ad avere allucinazioni e a commettere errori editoriali.

“È facile che un'IA citi un articolo e ne dia un riassunto completamente sbagliato - si veda il recente fiasco dei risultati di ricerca generativi di Google. Questi risultati dell'IA, che non hanno un concetto di verità, potrebbero essere un terreno fertile per la disinformazione”, afferma.

Mente, Pete Pachal, fondatore di Media CoPilot, osserva che la partnership tra OpenAI e News Corp sembra “un punto di svolta”.

“Quando a dicembre New York Times ha fatto causa a OpenAI per violazione del copyright, il futuro delle notizie sembrava poco chiaro”, afferma Pachal, “Però alla luce degli accordi con i principali editori come AP e Axel Springer, e più recentemente con News Corp, credo che gli accordi sui contenuti saranno la norma in futuro”.

“Il New York Times ha trovato alcuni alleati minori nella sua causa, ma non molti. Detto questo, una sentenza a favore del Times, anche parziale, potrebbe cambiare l'intero quadro”.

“Dal punto di vista tattico, gli accordi sono sensati, poiché nel breve periodo daranno agli editori un po' di introiti di cui hanno bisogno”, afferma Pachal. “Tuttavia, a lungo termine potrebbe rivelarsi un errore, dal momento che le aziende di IA sono essenzialmente autorizzate a possedere il rapporto con i clienti per i riassunti di AI”, aggiunge.

Secondo Pachal, Google è un grande attore che influenza l'urgenza di tutto questo. “Gli editori subiranno una riduzione del traffico nel momento in cui i riassunti generati dall'IA dell'azienda tecnologica diventeranno la norma in cima al motore di ricerca”

“Non ci saranno accordi con Google sui contenuti”, spiega Pachal, “poiché Google, a torto o a ragione, considera i riassunti dell'IA come un'estensione del web crawling che sta facendo da decenni’.

E aggiunge: “La conseguenza maggiore di questi accordi con OpenAI è che gli editori saranno incentivati a tifare per OpenAI in qualsiasi battaglia sul futuro della ricerca IA. Infatti, se Google vincerà, tutti quei soldi si prosciugherebbero in fretta”.

Poiché gli utenti medi si trovano sempre più a loro agio con gli strumenti di IA che rispondono direttamente alle domande delle persone, si teme che le persone possano affidarsi sempre più alle chatbot delle grandi aziende tecnologiche per ottenere informazioni piuttosto che ai servizi giornalistici e alle società di media.

Alfred Hermida, professore presso la Scuola di Giornalismo dell'Università di British Columbia, sostiene che i siti web di notizie potrebbero potenzialmente perdere i visitatori occasionali che cercano aggiornamenti rapidi sulle notizie, con un conseguente calo significativo del traffico.

“Sono una fonte di entrate preziose per gli editori, ma potrebbero potenzialmente danneggiarli nel lungo periodo, poiché i sistemi di IA potranno essere addestrati sui contenuti giornalistici”, afferma Hermida, aggiungendo che accordi come quello stipulato con News Corp sono importanti per OpenAI perché danno all'azienda di IA ciò di cui ha bisogno: una fornitura continua di materiale di addestramento.

“Ciò che è meno chiaro è cosa accadrà ai media se e quando sistemi come ChatGPT impareranno a produrre notizie sufficientemente buone”.

La partnership potrebbe espandere l'audience di News Corp fino a includere persone che non visitano tipicamente i suoi notiziari. Tuttavia, Hermida afferma che non è chiaro se questo aumenterà il numero di lettori dei suoi marchi.

“L'evidenza dei social media suggerisce che non aiuta a sviluppare la fedeltà al marchio, poiché le persone identificano l'intermediario, ad esempio Facebook, come la fonte della notizia”, secondo Hermida, che considera gli accordi tra le organizzazioni giornalistiche e le aziende di intelligenza artificiale come ‘un'arma a doppio taglio’.

“Il rischio è che gli editori di notizie diventino dipendenti dalle aziende di IA, come hanno fatto con Facebook per le visite e le entrate”.

La qualità di questi riassunti e l'esperienza complessiva dell'utente nelle ricerche di notizie generate dall'IA determineranno se diventeranno o meno una fonte primaria di informazioni per le persone.

Erik Borra, dell'Università di Amsterdam, osserva che le persone potrebbero doversi preparare a una trasformazione nelle modalità di accesso e consumo dei contenuti giornalistici.

“Gli utenti probabilmente non cliccheranno sui siti degli editori. Per gli editori, questo renderà più difficile 'tenere traccia' di quali notizie sono popolari e non saranno più in grado di inserire pubblicità (di solito più occhi significa più soldi)”.

“Potrebbe anche verificarsi una riduzione degli abbonamenti individuali”.

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